Politica

Frattamaggiore, il caso del consigliere che “odiava” Renzi e se ne è perdutamente innamorato

Renzi sbarca a Frattamaggiore e si accaparra tre consiglieri comunali: Dario Chiariello, Sossio Grimaldi e Luigi Grimaldi. I tre frattesi scelgono di indossare la casacca di Italia Viva e portare in Sala Consiliare il verbo Renziano. Bene. Fin qui tutto normale, tutto lecito e legittimo. Quindi? Dove il paradosso? La risposta è nel vento che soffia ( come avrebbe detto Bob Dylan in Blowin’ in the wind) e che muove le bandiere.

Luigi Grimaldi, volto noto della politica frattese ha scelto di portare avanti la politica lungimirante di Matteo Renzi, quando però, nel 2016, a ridosso del risultato del Referendum lo invitata su Facebook, a fare un passo indietro dimettendosi da Premier. Nel 2016 scriveva a proposito della vittoria del No: Quel “no” ha dimostrato che l’Italia pretende un ritorno alla politica, quella vera, con governi e maggioranze elette dai cittadini, con la preferenza e legate ai territori. Insomma, Renzi ha fatto “all in” ed ha perso. Adesso ne prenda atto e si dimetta”.

Nel 2019 invece, a proposito dell’ingresso in Italia Viva: ““E’ stata una decisione ragionata che riconosce l’attenzione dell’onorevole Rostan verso questi territori e poi riteniamo che la linea scelta da Matteo Renzi sia lungimirante nella costituzione di un soggetto politico radicato e moderato che punto innanzitutto a recuperare la rappresentanza delle istanze sane che arrivano dai settori sociali”.

Di post contro Renzi però ce ne sono altri, sempre pubblicati sul profilo Facebook del consigliere Grimaldi. Un anno dopo, nel 2017 scriveva a proposito dell’inchiesta Listopoli che colpì qualche esponente del Pd: “L’inchiesta su “Listopoli” ha colpito innanzitutto la Valente e il suo entourage. Si decide di sfiduciarla come capogruppo. Ma resta nel partito col ruolo di consigliere e parlamentare. Insomma, una condanna a metà. Sempre meglio di una sentenza di condanna definitiva. Giustizialisti a metà.

Poi a livello nazionale ti accorgi che il capo del partito, Matteo Renzi, di fronte alle inchieste del fido Lotti dice: “Non abbandono i miei amici. Lotti resta nel partito e resta al suo posto. Non si deve dimettere perché vale la presunzione di innocenza. E’ una persona onesta e perbene fino a prova contraria”. Insomma, per Lotti il Pd diventa garantista fino ad una eventuale sentenza di cassazione”. Ma in tempi di elezioni e pre elezioni, tuttavia tutto, o quasi, è concesso.