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Caso Vannini si torna al Processo: ecco la sentenza della Cassazione

Accolte richieste pg e parti civili Roma. Un nuovo processo d’Appello per l’omicidio di Marco Vannini. E’ quanto deciso dai giudici della prima sezione penale della Cassazione che hanno accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale della Cassazione Elisabetta Ceniccola che al termine della requisitoria aveva chiesto di annullare con rinvio la sentenza d’appello per la famiglia Ciontoli e disporre un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di Marco, ucciso da un colpo di pistola nella notte tra il 17 e il 18 maggio  2015 mentre era a casa della fidanzata a Ladispoli, sul litorale romano. Per l’omicidio del ragazzo, appena ventenne, lo scorso 29 gennaio i giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma avevano condannato il padre della sua fidanzata Antonio Ciontoli per l’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado per omicidio volontario, confermando, invece, le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo.

 

La Storia

Una lunga, drammatica notte di quasi 5 anni fa, al centro di un caso giudiziario che ha suscitato finora dibattiti e polemiche: e’ quella tra il 17 e il 18 maggio 2015, quando Marco Vannini, 20 anni, muore dopo essere stato ferito da un colpo di pistola nella casa della sua fidanzata, Martina Ciontoli, a Ladispoli.

Quella sera

Alle 23 del 17 maggio Marco e’ a casa Ciontoli e si sta facendo una doccia, e’ la ricostruzione emersa dalle indagini: entra in bagno Antonio Ciontoli, sottufficiale di Marina e padre di Martina, per prendere due pistole che aveva riposto in una scarpiera. Marco, racconta Ciontoli, si mostra interessato a queste e lui, per gioco, pensando che l’arma fosse scarica, fa esplodere un colpo, che ferisce Vannini a un braccio. Quaranta minuti dopo, la prima chiamata al 118: a parlare e’ Federico Ciontoli, figlio di Antonio e fratello di Martina. Dice all’operatore che un ragazzo ha avuto un mancamento per uno scherzo. La cornetta passa alla madre, Maria Pezzillo, che chiude il telefono affermando che richiamera’ in caso di bisogno. Poco dopo la mezzanotte – ore 00.06 – al 118 giunge un’altra telefonata: stavolta e’ Antonio Ciontoli, che riferisce di un ragazzo che si e’ infortunato nella vasca da bagno con un pettine appuntito. L’operatrice sente in sottofondo lamenti e urla di Vannini.

L’arrivo dei soccorsi

L’ambulanza arriva a mezzanotte e 23 minuti: a mezzanotte e 54, Ciontoli al Pit (Posto di primo intervento) di Ladispoli parla di un colpo partito accidentalmente. Viene chiamato l’elisoccorso per trasportare Vannini al Policlinico Gemelli: ben due volte sara’ costretto ad atterrare per l’aggravarsi delle condizioni del giovane. Poco dopo le 3 del mattino del 18 maggio, Marco Vannini muore.

Con la sentenza pronunciata il 14 aprile del 2018,

 

la Corte d’assise di Roma condanna Antonio Ciontoli per omicidio volontario con dolo eventuale a 14 anni di reclusione e infligge 3 anni ciascuno a sua moglie e ai suoi due figli. Un verdetto che viene ridimensionato in appello, quando i giudici di secondo grado, il 29 gennaio dello scorso anno, dichiarano Ciontoli responsabile di omicidio colposo, condannandolo a 5 anni di carcere e confermando la pena pari a 3 anni per i suoi familiari. Una sentenza che scatena la rabbia dei genitori di Vannini. Il 15 aprile scorso, la procura generale di Roma presenta ricorso in Cassazione, tornando a sostenere la tesi dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Lo stesso fanno i familiari di Vannini, parti civili nel processo. Le difese degli imputati, per contro, chiedono alla Corte un nuovo processo per ottenere ulteriori riduzioni di pena. Oggi il pg di Cassazione Elisabetta Ceniccola sollecita l’annullamento della pronuncia d’appello, condividendo la tesi della procura generale di Roma e delle parti civili: quello di Vannini – ha sostenuto il magistrato – va inquadrato come omicidio volontario e la sua morte fu causata dai 110 minuti di ritardo nei soccorsi. Per questo, secondo il pg, va celebrato un nuovo processo davanti alla Corte d’assise d’appello della Capitale per valutare un aumento di pena per Ciontoli.

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