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Rivoluzione FI: azzerata l’ala di Ronzulli. In Campania rischia Patriarca

Silvio Berlusconi ha fatto la sua mossa. Ha nominato Paolo Barelli nuovo capogruppo di Forza Italia alla Camera, al posto di Alessandro Cattaneo, a cui arriva il ruolo di vicecoordinatore (al fianco di Anna Maria Bernini) con la delega alla organizzazione territoriale del partito, in vista delle Europee. Licia Ronzulli resta presidente dei senatori azzurri, ma perde il ruolo di primo piano di coordinatore della Lombardia, che va ad Alessandro Sorte, uno dei forzisti che più hanno spinto per l’operazione di ricambio, in asse con Marta Fascina, la compagna del leader. Altri sei i nuovi coordinatori regionali, con Elisabetta Casellati per la Basilicata e Claudio Lotito che ottiene il Molise. Ora c’è attesa per capire le ripercussioni di questo epilogo, che di fatto segna un passo avanti dell’ala governista: i più delusi paventano ripercussioni anche sulla maggioranza, prospettando un fuggi fuggi verso FdI o Terzo polo. L’annuncio dell’ex premier arriva alla fine di una giornata in cui molti hanno tenuto il fiato sospeso in Forza Italia. E alla fine di una settimana aperta con la nota in cui Fascina – in una delle sue rare dichiarazioni pubbliche – affermava che “Forza Italia, in tutte le sue articolazioni, si riconosce nell’unica leadership, quella del presidente Silvio Berlusconi, ed è sempre stata leale al governo Meloni di cui, al netto di qualche voce solitaria in cerca di visibilità, è componente essenziale e propositiva”. Sullo sfondo la lotta intestina nata dopo la rottura, secondo la ricostruzione univoca degli azzurri che accettano di parlare sotto anonimato, dell’asse fra Ronzulli e Fascina. Un effetto detonatore lo hanno avuto i dissidi sulla formazione delle giunte nel Lazio e, soprattutto, in Lombardia. Alla vigilia, poi, delle scelte per le presidenze delle commissioni bicamerali (4 per FI, e tre vicepresidenze) e di quelle, ancor più delicate, per le nomine dei vertici delle grandi società pubbliche partecipate, dossier che stanno seguendo Gianni Letta e il vicepremier Antonio Tajani. Più che altro, c’è in corso una lotta di posizionamento, è una lettura che si dà nel partito. Non ci sarebbe un tema di linea politica, secondo chi sostiene questa tesi e dà scarso credito ad altre ricostruzioni, in base alle quali ci sarebbe anche la famiglia Berlusconi dietro l’input maturato qualche settimana fa per un atteggiamento meno incalzante nei confronti del governo Meloni. Di certo in questo clima da polveriera c’è chi ha vissuto come una dichiarazione di guerra il tentativo di raccogliere le firme contro i due capigruppo. Una ventina di deputati (su 44), raccontano fonti azzurre, hanno preso posizione, rispondendo alla chiamata di Fascina.